Per crescere, un’azienda ha bisogno di generare continuamente nuovi clienti, ha bisogno di creare continuamente nuovi “lead”, ossia persone che dimostrano interesse per ciò che l’azienda offre.
Riportiamo in questo articolo l’intero capitolo 14 del libro di Stefano Verga “Strategy First” – La strategia prima di tutto. Scopri il libro a questo indirizzo: https://www.vergacompany.com/libro-strategy-first/
In questo capitolo analizzo il secondo fattore dell’equazione della crescita.
CRESCITA = Marketing strategico x Lead generation x Vendita x Account management x Account growth / Lunghezza ciclo di vendita
Durante le mie consulenze, mi imbatto molto spesso in aziende che investono in strumenti di lead generation senza però avere fatto tutto quello di cui ho parlato nei capitoli precedenti. Il risultato è la perdita di focus, soldi, tempo ed energie.
Prima di investire in strategie di lead generation devi essere certo che il test della value proposition abbia dato metriche molto positive.
Se, e solo se, la value proposition è forte, allora è il momento di amplificare la sua forza e farla conoscere al maggior nu- mero di persone in target. Questo è il compito della lead generation.
Le aziende che non hanno un buon sistema per generare nuovi clienti presentano uno o più di questi sintomi:
- ✓ fanno fatica a trovare nuovi clienti;
- ✓ hanno molti potenziali clienti che fanno solo perdere tempo, soldi ed energie e alla fine non comprano;
- ✓ comunicano messaggi non in grado di attirare l’attenzione dei clienti;
- ✓ hanno un sito Web con poco traffico;
- ✓ durante le fiere trovano pochi contatti interessanti;
- ✓ hanno un database di clienti cui mandano email che non ricevono risposta.Il tuo obiettivo deve essere quello di costruire un sistema in grado di generare clienti “caldi” e profilati per poterli portare poi in trattativa. Non è infatti sufficiente generare un gran numero di clienti “freddi” in quanto entrare in trattativa con questi non sarà semplice e i risultati saranno deludenti.Generare nuovi clienti ha un costo e richiede tempo ed è quindi molto importante costruire un sistema in grado di creare clienti che genereranno ritorni economici superiori ai costi di acquisizione. L’attività di lead generation deve diventare un’attività continuativa in azienda.
I TRE ELEMENTI ALLA BASE DELLA STRATEGIA DI LEAD GENERATION
Per impostare una corretta strategia di lead generation è necessario disporre di tre elementi fondamentali:
- 1 i singoli micro target;
- 2 la value proposition per i singoli micro target;
- 3 la mappa del customer journey dei singoli microtarget.
L’assenza anche di uno solo di questi elementi toglie potenza alla strategia di lead generation.
Per impostare una corretta strategia di lead generation è necessario partire dall’analisi delle fasi del processo di acquisto dei singoli micro target e agganciare questi ultimi con specifiche value proposition declinate sui loro bisogni.
Conoscere il processo di acquisto è fondamentale perché è su questo che si deve costruire e modellare il percorso di lead generation.
Il processo di acquisto è nettamente cambiato rispetto al passato. Una volta, il compratore non disponeva di tutte le informazioni su prodotti, soluzioni e concorrenti che oggi ha a disposizione con un click. Attualmente, quando un compratore incontra un’azienda ha già effettuato una ricerca, è a conoscenza di quello che gli serve e sa quali sono le sue alternative. È quindi facile comprendere quanto sia importante per un’azienda farsi conoscere dal suo cliente po- tenziale prima che questo entri in contatto con la forza vendita.
L’obiettivo deve essere farsi trovare e considerare dai clienti target ancora prima di incontrarli di persona.
Ricordo le fasi del processo di acquisto già analizzate precedentemente:
- 1 consapevolezza di un bisogno;
- 2 ricerca della soluzione;
- 3 scoperta/consapevolezza del brand (brand awareness);
- 4 interesse nel brand (brand interest);
- 5 ricerca di informazioni sul brand tramite diverse fonti (brand info);
- 6 acquisizione delle informazioni sul brand (brand info);
- 7 verifica delle informazioni sul brand (brand info);
- 8 considerazione del brand (brand consideration);
- 9 comparazione della soluzione del brand con altre soluzioni dei concorrenti (brand comparison);
- 10 fiducia (brand trust);
- 11 prova (brand trial);
- 12 acquisto del prodotto/servizio;
- 13 post acquisto e utilizzo;
- 14 ricordo dell’acquisto (es: video, materiale promozionale etc.);
- 15 riacquisto;
- 16 fedeltà (brand loyalty);
- 17 referenze (brand advocacy da parte degli evangelist clients).
Le prime dieci fasi sono quelle da prendere in considerazione quando si mette in campo una strategia di lead generation. Il loro grado di importanza sarà determinato dalla tipologia di mercato nella quale si sta operando (mercato nuovo, mercato esistente, mercato grande, mercato piccolo).
Il processo è chiaramente influenzato dalla tipologia di acquisto che il cliente sta facendo. Maggiore è il rischio dell’ac- quisto (prima volta, prezzo elevato, complessità) maggiore saranno la strutturazione del processo, il numero di persone coinvolte e il loro grado all’interno dell’azienda.
Per ogni fase del customer journey esistono specifici canali con diversi ruoli.
Il grado di importanza dei singoli canali cambia in base alla tipologia di settore, prodotto o servizio considerati.
Vediamo qualche esempio.
Se consideriamo la fase di ricerca della soluzione, il ruolo dei canali deve essere quello di far trovare il brand alla doman- da consapevole, ossia ai potenziali clienti che stanno attivamente cercando una specifica soluzione a un loro problema.
Il marketing può agire anche sulla domanda latente, ossia su quei potenziali clienti che non sono ancora consapevoli di un proprio bisogno, rischio, problema o opportunità e che si trovano quindi nella primissima fase del funnel. Per intercettare la domanda latente, sono fondamentali l’attività di marketing educazionale e la capacità di agganciare i potenziali clienti inconsapevoli con concetti già conosciuti da questi ultimi.
Ricordo che agire sulla domanda latente è più difficile, ma è anche molto importante in quanto la concorrenza che si rivolge a questa tipologia è nettamente inferiore rispetto a quella che si rivolge alla domanda consapevole.
Per intercettare la domanda latente, consiglio di utilizzare i canali social, mentre uno dei canali ideali per intercettare la domanda consapevole è quello dei motori di ricerca.
I TRE OBIETTIVI DELLA STRATEGIA DI LEAD GENERATION
Non sempre un cliente potenziale “caldo” decide di entrare in trattativa. Questo accade perché la vendita è un processo asincrono, ossia il momento in cui tu vuoi vendere non corrisponde sempre al momento in cui il potenziale cliente vuole o può comprare (non ha budget, non ha ancora fiducia, ha altre priorità etc.).
Quali sono quindi i tre principali obiettivi della strategia di lead generation?
- 1 ottenere l’interesse e i contatti di potenziali clienti in target interessati alla value proposition;
- 2 squalificare i clienti non in target;
- 3 fare attività di “nurturing” con l’obiettivo di educare, tenere informato e interessato il potenziale cliente attraverso un follow up continuo fino a quando non sarà pronto a comprare. Le attività di nurturing sono inoltre utili anche per i clienti già attivi in quanto permettono loro di continuare a ricevere valore ottenendo conferme sulla scelta di essere diventati clienti.
I TRE PILASTRI DELLA LEAD GENERATION (LE 3 C)
In base alla mia esperienza, questi sono i pilastri di un sistema di lead generation, che definisco “le 3 C”:
✓ i contenuti (content strategy);
✓ i canali (channel strategy);
✓ la call to action.
Per ogni tipologia di target/micro target è necessario creare contenuti da veicolare sui canali migliori, che ne garanti- scano un’efficace ed efficiente distribuzione, e richiedere un’azione.
È necessario stabilire le 3 C per ogni fase del customer journey e creare contenuti specifici per ogni tipologia di micro target, in modo da raggiungere i clienti nei momenti giusti, quelli della manifestazione del bisogno.
Lo schema di lavoro sarà quindi il seguente:
- ✓ Consapevolezza di un bisogno:
- contenuti;
- canali;
- call to action;
- ✓ Ricerca della soluzione:
- contenuti;
- canali;
- call to action;
- ✓ Scoperta/consapevolezza del brand (brand awareness):
- contenuti;
- canali;
- call to action.
Questo per tutte le fasi del customer journey.
LA CONTENT STRATEGY
I contenuti hanno un’importanza enorme per il successo di un’azienda, ma mi capita ancora di incontrare imprenditori che li considerano superflui, inutili. Tutte le aziende di successo dimostrano un grosso focus sui contenuti.
I contenuti da creare devono trattare:
✓ gli aspetti evidenziati nell’analisi del target;
✓ gli aspetti evidenziati nell’analisi della concorrenza;
✓ il category positioning;
✓ il brand positioning;
✓ la value proposition.
Gli spunti su cosa scrivere possono venire da quello che il target ricerca sui motori di ricerca, dalle risposte a questionari ai clienti per sondare quali sono i loro problemi e desideri oppure dalle obiezioni più comuni. In alternativa è possibile analizzare le agende delle conferenze o dei webinar di settore alle quali partecipano le persone a target.
È molto più importante prendere ispirazione da quello che il target ricerca piuttosto che scrivere quello che tu reputi essere importante.
Creare contenuti di valore significa costruire asset.
I contenuti hanno diverse funzioni in base alla fase del customer journey su cui devono operare. Alcune tipiche funzioni sono:
- ✓ creare awareness (i contenuti devono essere semplici, non orientati alla vendita, facilmente consumabili come per esempio articoli o video poco impegnativi);
- ✓ generare traffico (i contenuti devono essere semplici e generare interesse. Il ruolo dei contenuti deve essere quello di fare in modo che il potenziale cliente si fermi a pensare: “Interessante, voglio saperne di più”);
- ✓ dirottare traffico;
- ✓ informare, educare (i contenuti devono approfondi e gli argomenti di interesse);
- ✓ aiutare a valutare (es: demo di un software, e-book, report, caso studio, mappe di comparazione, videocon l’obiettivo di favorire la scelta della tua offerta);
- ✓ dare valore;
- ✓ rassicurare (i contenuti devono rassicurare il target nella fase di verifica delle informazioni);
- ✓ dimostrare;
- ✓ riattivare i contatti;
- ✓ creare reputazione;
- ✓ creare fiducia;
- ✓ fare scaricare un contenuto;
- ✓ convertire (i contenuti hanno l’obiettivo di far acquistare il prodotto/servizio).I contenuti possono avere stili differenti (formale, accade- mico, provocatorio, formativo, ironico, motivazionale etc.) e forme differenti (foto, video, testo, un mix di questi).
Mixando stili e forme è possibile generare un numero enorme di contenuti.
Ecco alcuni esempi di contenuti:
- ✓ articolo “core” che tratta l’argomento in modo completo;
- ✓ articoli (scriverli in base a quello che il target ricerca non in base a quello che piace a te. Inserire negli articoli più visti un content upgrade – pdf, guida, re- port, checklist, iscrizione a gruppi chiusi – con l’obiettivo di ottenere il contatto da parte del lead);
- ✓ post;
- ✓ advertorial;
- ✓ video;
- ✓ short movie;
- ✓ libro;
- ✓ rivista;
- ✓ e-book;
- ✓ report;
- ✓ quiz;
- ✓ unboxing;
- ✓ comunicati stampa;
- ✓ white paper (es: ricerca sul settore);
- ✓ recensioni;
- ✓ native advertising (annunci poco fastidiosi che simimetizzano con i contenuti della pagina in cui so- no ospitati. es: in-feed, paid search, eventi sponsorizzati);
- ✓ annunci;
- ✓ lettere;
- ✓ video creati dai consumatori;
- ✓ company profile;264
- ✓ press kit;
- ✓ immagini (molto efficaci quelle che presentano ilprodotto/servizio nel suo utilizzo quotidiano. Devo-no essere di qualità);
- ✓ freebie;
- ✓ check list;
- ✓ best of;
- ✓ how to;
- ✓ virtual try-on;
- ✓ guide;
- ✓ rappresentazione 3d;
- ✓ realtà aumentata;
- ✓ q&a/faq (danno un ottimo servizio e fanno risparmiare molto tempo);
- ✓ tabelle di comparazione con soluzioni alternative;
- ✓ infografica;
- ✓ mappe mentali;
- ✓ commenti e domande nei forum;
- ✓ slide;
- ✓ toolkit;
- ✓ interviste;
- ✓ testimonianze;
- ✓ template;
- ✓ citazioni;
- ✓ apparizioni;
- ✓ survey;
- ✓ casi di studio;
- ✓ storie (dell’azienda e dei clienti);
- ✓ piccole soluzioni pragmatiche per i clienti;
- ✓ trucchi;
- ✓ foto che associano a persone, luoghi, contesti significativi per il target;
- ✓ news (articoli, libri etc.) del settore, commentate;
- ✓ news con link al sito per link building (inserire nelle news le frasi utilizzate dal target durante il processo di ricerca);
- ✓ biografie.
Meglio sviluppare tanti o pochi contenuti?
Dipende da diversi fattori. Se per esempio il prodotto da vendere è semplice e l’acquisto è urgente non sarà necessario sviluppare molti contenuti. Se, al contrario, il prodotto o il servizio è complesso, costoso ed è necessario molto tempo per valutare le alternative, allora i contenuti rappresentano un’arma importantissima.
Per ottenere un risultato efficace, è necessario continuare a comunicare contenuti attraverso diversi canali in modo co- stante. Sono davvero necessari tempo e costanza per apprezzare risultati importanti. I contenuti devono essere scritti in modo semplice, efficace e con il linguaggio del target in modo da suscitare il suo interesse.
I contenuti devono poi avere un proprio dna stilistico che consenta al pubblico di riconoscere immediatamente la ti- pologia di stile e associarla a un brand specifico.
LA CHANNEL STRATEGY
La channel strategy consiste nella scelta dei canali più importanti sui quali veicolari i contenuti. I canali rappresentato il ponte tra il messaggio di marketing e il target al quale questo è rivolto con l’obiettivo di fargli iniziare un percorso che lo porti dal non conoscere il brand fino ad acquistarlo.
Esistono diversi modi per classificare i canali di lead generation. Vediamo le principali distinzioni.
Una prima macro distinzione classifica i canali di lead generation in tre categorie:
- 1 canali proprietari (owned media);
- 2 canali a pagamento (paid media);
- 3 canali guadagnati (earned media).
Spesso è più facile affidarsi ai canali non di proprietà (Facebook, YouTube, Instagram etc.) perché sono immediata- mente accessibili e hanno molto traffico rispetto a un canale di proprietà (blog, sito Web).
Il rischio è che non è possibile avere un controllo totale su un canale che non sia di proprietà. Le regole del canale po- trebbero cambiare o addirittura il canale potrebbe non essere più raggiungibile. Il mio consiglio è quello di utilizzare entrambe le tipologie, ma puntare sempre di più a creare e utilizzare media proprietari e trasformarsi in una vera e pro- pria media company con l’obiettivo di intercettare clienti a target per poi veicolare prodotti e servizi.
Si potrebbe anche considerare di acquisire una media company o uno dei suoi media che abbiano in pancia clienti a target cui veicolare prodotti e servizi. Allo stesso modo, una media company potrebbe considerare di acquisire un’azien- da che produce beni e servizi rivolti al proprio target.
Esiste poi la distinzione tra canali guadagnati e canali a pagamento in base al fatto che il traffico dei lead sia generato in modo organico o a pagamento.
Ognuno di questi canali ha pro e contro. La scelta di uno solo o di un loro mix dipende dalla fase del customer journey e dagli obiettivi che ci si pone.
Un’altra distinzione che voglio fare relativamente ai canali di lead generation è quella tra canali con interfaccia umana (es: i venditori) e i canali con interfaccia virtuale (es: piattaforma e-commerce, chat bot, intelligenza artificiale).
La tecnologia è in grado di migliorare continuamente i canali con interfaccia virtuale. Sono certo che in molti settori i venditori, per come li immaginiamo oggi, siano destinati a scomparire.
I venditori “umani” continueranno a esistere e a essere importanti solamente nei casi in cui l’interazione con loro sarà in grado di fornire un valore aggiunto rispetto all’interazione con un’interfaccia virtuale. Solo creando valore aggiunto, i venditori saranno in grado di rappresentate un asset per l’azienda. La vendita personale ha diversi vantaggi, come per esempio la possibilità di personalizzare il messaggio veicolato, la possibilità di negoziare, quella di raccogliere feedback direttamente dai clienti e di creare relazioni personali e professionali molto strette.
Quando parliamo di canali, dobbiamo considerare sia i canali online sia quelli offline. Il fatto che oggi il Web stia assumendo sempre più importanza non significa che i classici canali offline debbano considerarsi secondari. Spesso sono proprio i canali offline a essere i più efficaci.
Oggi è fondamentale gestire in modo complementare entrambe le tipologie di canale e creare collegamenti a due vie tra di essi (approccio O2O). Immagina, per esempio, un banner online che porta i clienti dentro un negozio fisico, oppure un QR code su un display in negozio che porta il cliente a visitare il sito Web dell’azienda.
Diciamo che è utile portare avanti una strategia di accerchiamento nella quale il target deve essere raggiunto dal messaggio di marketing attraverso diversi canali, sia online che offline.
Le persone sono diverse e possono quindi essere più sensibili a determinati canali e contenuti piuttosto che ad altri.
Di seguito, le principali differenze tra i canali online e offline:
- ✓ canali online:
- più veloci;
- meno costosi;
- impersonali;
- conversioni più basse;
- no limiti geografici;
- utili se non si conosce dove si trova fisicamente il target;
- adatti particolarmente per prodotti/servizi standardizzati;
- ✓ canali offline:
- effetto personale;
- conversioni più alte;
- più lenti;
- più costosi;
- limiti geografici;
- utili se si conosce dove si trova fisicamente il target;
- adatti particolarmente per prodotti/servizi personalizzati e ad alto valore aggiunto.Un’ulteriore distinzione tra le tipologie di canali è quella tracanali inbound e canali outbound
- ✓ canali inbound (Pull):
- è il target che trova l’azienda;
- assenza di pressione, è il target che decide come e quando cercare informazioni;
- basse barriere all’ascolto;
- solo chi è realmente interessato farà il primo passo;
- ✓ canali outbound (Push):
- ricerca attiva del target;
- maggiore pressione derivante dalla logica dell’interruzione;
- alte barriere all’ascolto;
- consigliabile utilizzarli solo se associati a logiche di referral.Si può poi distinguere tra canali sincroni e canali asincroni. Nei primi la comunicazione tra due soggetti avviene nello stesso momento (es. trattativa di vendita), nei secondi la comunicazione avviene con tempistiche diverse (es: messaggio via email o su social network).Esistono davvero molti canali di lead generation. Nella mia esperienza sono arrivato a mapparne tantissimi prendendo spunto da differenti settori. Di seguito ne elenco 72 tra i più utilizzati:✓ forza vendita diretta;
✓ forza vendita indiretta (agenti/distributori);
- ✓ pubbliche relazioni (fondamentali per costruire un brand in quanto risultano molto più influenti rispet- to alla pubblicità, generano credibilità e awareness);
- ✓ sito Web;
- ✓ “Google my business”;
- ✓ landing page (squeeze page, sales page);
- ✓ blog (educare, posizionare, colonizzare prima pagina dei motori di ricerca, essere aperto sempre 365 giorni all’anno, 7 giorni su 7, 24 ore su 24, dare con- tenuti di valore);
- ✓ seo (keyword e keyphrase). L’obiettivo è colonizzare i primi risultati di ricerca per le parole che contano per il proprio business (categoria, brand, prodotti/servizi, target). Non dimenticare tutti i ter- mini che il target potrebbe ricercare, anche quelli re- lativi a prodotti/servizi complementari (principio di affinità). Controllare quante volte queste parole so- no cercate e quali altre parole vi sono collegate;
- ✓ podcast;
- ✓ partnership;
- ✓ co-marketing (per esempio il referral incrociato);
- ✓ webinar;
- ✓ forum;
- ✓ magalog (magazine + catalogo);
- ✓ social network (Clubhouse, Facebook, Instagram, YouTube, LinkedIn, Pinterest, Twitter, WeChatetc.);
- ✓ Facebook ads;
- ✓ fiera (da partecipante o da visitatore con material marketing);
- ✓ influencer;
- ✓ micro-influencer (sotto i 10.000 follower, maggior engagement e minor effetto pubblicità);
- ✓ dem (direct email marketing);
- ✓ newsletter;
- ✓ remarketing/retargeting (strategia che ripropone gli advertising di aziende di cui si è visitato il sito Web o di cui si è iniziato un processo di acquisto non concluso o concluso sfruttando i pixel di tracciamento. Come abbiamo visto, la vendita è un processo asin- crono. Un buon remarketing deve tenere in considerazione le diverse tipologie di clienti potenziali e il grado di interesse che hanno dimostrato);
- ✓ email marketing;
- ✓ call center:
- ✓ parketing (veicoli con “pubblicità” parcheggiati);
- ✓ passaparola;
- ✓ ppc (pay per click);
- ✓ community (importante stimolare l’engagement all’interno di questa con diversi strumenti come per esempio la gamification oppure attraverso un blog che raccoglie tutte le storie dei clienti. Si può creare la propria community oppure appoggiarsi a quelle di terzi tramite accordi di collaborazione);
- ✓ newsjacking (associazione del brand/prodotto/ser- vizio alle news di grande impatto mediatico e ai trend di mercato attraverso contenuti tematici);
- ✓ movimenti culturali (possibilità di collegare il brand ai movimenti);
- ✓ guerrilla marketing;
- ✓ viral marketing;
- ✓ anonymous tracking (b2b). Possibilità di risalire al nome di un’azienda tramite il suo indirizzo IP quan-do visita il sito Web aziendale;
- ✓ pagine;
- ✓ gruppi (es: gruppi Facebook, gruppi LinkedIn);
- ✓ siti di recensioni;
- ✓ siti di comparazione;
- ✓ buyer club;
- ✓strumenti di generazione clienti dentro il prodotto/servizio acquistato;
- ✓ gift box;
- ✓ telemarketing;
- ✓ marketplace (Amazon, Etsy, Alibaba etc.);
- ✓ liste qualificate;
- ✓ database;
- ✓ affiliazione;
- ✓ messaggi (sms, social);
- ✓ mobile marketing (es: offerte specifiche quando i potenziali clienti si trovano nei pressi di un puntovendita);
- ✓ guest posting;
- ✓ interviste su media di terzi;
- ✓ cataloghi delle fiere di settore;
- ✓ associazioni di categoria;
- ✓ associazioni di categoria dei clienti (identificare clienti con ruoli all’interno);
- ✓ comunità e istituzioni;
- ✓ referral program;
- ✓ contest sui social;
- ✓ sponsorizzazioni;
- ✓ product placement (film, romanzi, serie televisive);
- ✓ open day;
- ✓ eventi/seminari propri (con target i propri clienti potenziali o i clienti di altre organizzazioni);
- ✓ eventi/seminari di terzi come ospite;
- ✓ roadshow;
- ✓ blog di categoria;
- ✓ showroom;
- ✓ portali e-commerce;
- ✓ lettera cartacea;
- ✓ volantini;
- ✓ tv;
- ✓ stampa;
- ✓ cartellonistica;
- ✓ radio;
- ✓ networking (fondamentale conoscere persone giuste del settore in cui si opera);
- ✓ social network tree (una tecnica di lead generation da me ideata).Si tratta solo di alcuni esempi. Le mie ricerche hanno portato a identificare oltre 100 canali di lead generation che possono essere utilizzati per generare nuovi clienti.Come scegliere su quali canali investire tra tutti quelli possibili?Per ognuno di questi canali è necessario valutare molti parametri tra i quali:
- ✓ la sensibilità del target al canale tramite le informazioni raccolte durante l’analisi del target e della con- correnza (le informazioni raccolte implicano la selezione o meno di alcuni canali);
- ✓ il costo;
- ✓ le tempistiche di attuazione;
- ✓ le tempistiche dei risultati;
- ✓ il grado di amplificazione;
- ✓ il grado di controllo;
- ✓ l’efficienza e l’efficacia di conversione;
- ✓ la percentuale di target raggiunto sul totale;
- ✓ la tracciabilità;
- ✓ la frequenza.
Per decidere su quali canali investire, consiglio di effettuare diversi test e misurarne il ritorno. Una procedura che si può seguire è la seguente:
- ✓ selezionare i canali di generazione clienti che hanno più probabilità di funzionare bene;
- ✓ investire nei canali selezionati;
- ✓ misurare le performance (A/B test, sistemi di tracciamento in grado di stabilire come il cliente è arri-vato a te, Conversion Rate, ROI);
- ✓ selezionare solo i canali migliori e successivamente implementare l’azione su larga scala andando a otti-mizzarne il costo;
- ✓ verificare il raggiungimento del tetto di ogni singolo canale, punto oltre il quale potrebbe diventare non economico continuare a investire. Raggiunto il tetto, valutare ulteriori canali da aggiungere.Prima di effettuare i test è possibile, tramite alcuni software, stimare le performance di alcuni canali, analizzare ciò che i concorrenti stanno facendo e definire il loro mix di canali di lead generation.Consiglio inoltre di effettuare un’analisi dell’efficacia di ogni singolo canale su una determinata tipologia di target. Potresti scoprire che diverse tipologie di target reagiscono in modo differente all’esposizione di diversi contenuti su diversi canali.Le strategie di lead generation implicano l’investimento di denaro. Per definire l’ammontare del budget da spendere in lead generation, è necessario valutare caso per caso. Quello che posso dire è che spendere poco generalmente non consente di emergere dal rumore di fondo dei messaggi di marketing che ci bombardano di continuo. Oltre un certo livello di investimento, spendere ulteriormente ha un impatto marginale piccolo.
Non dimentichiamo che il costo degli strumenti di lead generation sta aumentando costantemente perché c’è sempre più domanda. Tra qualche tempo non sarà più vantaggioso come lo è oggi. Dovresti quindi agire subito.
Come dicevamo, attenzione però che se il brand positioning alla base è debole, investire soldi in una categoria in cui non si è ben posizionati corrisponde a investirli per la concorrenza meglio posizionata.
Gli strumenti di lead generation hanno poco senso di esistere se presi singolarmente. È necessario studiare un sistema integrato di lead generation.
Ti potrebbe essere capitato di ricevere proposte come le seguenti da parte di agenzie di Web marketing:
- ✓ “Vi gestiamo la pubblicità su Facebook o su Google”;
- ✓ “Vi possiamo costruire un buon sito Web”;
- ✓ “Vi costruiamo un buon e-commerce per vendere online”;
- ✓ “Vi facciamo aumentare il numero di accessi al sito”;
- ✓ “Sviluppiamo un’applicazione per il vostro prodotto/servizio”;
- ✓ “Vi facciamo arrivare tra le prime posizioni nelle ricerche su Google”;
- ✓ “Vi facciamo raggiungere X ‘mi piace’ o visualizzazioni”;
- ✓ “Vi assicuriamo che il vostro post/annuncio raggiungerà X persone”.
Tutte queste attività non hanno senso se non inserite in un sistema integrato di lead generation e soprattutto se non ge- nerano vendite.
Avere un bel sito Web senza traffico non serve a nulla. Sarebbe come avere uno splendido negozio in cima a una montagna. Se l’agenzia ti propone di rifare il sito “più bello”, l’unico risultato sarà quello di spendere più soldi. Sarebbe come ristrutturare o allargare il negozio che continua a essere in cima alla montagna.
Avere un sito Web e farci arrivare traffico non è comunque sufficiente. È necessario avere un sistema in grado di conver- tire il traffico in entrata e di scartare attraverso un filtro i contatti che farebbero solo perdere soldi, tempo ed energie.
LA CALL TO ACTION
La chiamata all’azione invita il potenziale cliente a fare qualcosa che lo avvicina all’azienda. La chiamata all’azione può essere esplicita oppure implicita, mimetizzata. La CTA aiuta a tracciare il potenziale cliente. Oggi grazie agli analytics è possibile tracciare il lead senza essere invasivi, capire cosa accade in ogni singola fase del funnel di vendita e prendere le opportune decisioni.
L’inserimento di una chiamata all’azione in ogni punto del customer journey consente di portare il cliente da una fase all’altra del funnel di vendita fino alla conversione.
IL FUNNEL DELLA LEAD GENERATION
Una volta che hai identificato la mappa di viaggio del target, che hai stabilito i migliori canali per agganciarlo e seguirlo e che hai identificato i migliori contenuti da veicolare su ogni canale, è necessario disegnare un funnel di vendita.
Il funnel ha l’obiettivo di accompagnare il potenziale cliente dal momento che viene agganciato a quello in cui diventa cliente. Se un’azienda non ha uno o più funnel allora significa che deve assolutamente provvedere a strutturarli.
Il funnel ha il ruolo di filtrare i contatti in modo da scartare quelli che difficilmente diventerebbero clienti e di far au- mentare il desiderio e la fiducia dei clienti in target attraverso un processo di educazione che rende il ciclo di vendita molto più veloce.
Esistono diverse tipologie di funnel: online oppure offline, lunghi o corti, molto strutturati o molto semplici.
In ogni caso devono essere in grado di farti vedere dove si trova il potenziale cliente, a quale stadio del processo di ac- quisto, a quale profondità del funnel.
Solo in questo modo sarà possibile utilizzare gli strumenti e le strategie migliori per portarlo verso l’acquisto.
La tipica struttura di un funnel consiste di 4 elementi:
- 1 il filtro;
- 2 la notifica di ingresso lead;
- 3 una serie di step;
- 4 la notifica di uscita lead.
Il filtro ha l’obiettivo di escludere fin da subito eventuali clienti non in target. I filtri possono essere semplici o com- plessi. La prequalificazione consente di:
- ✓ aumentare l’efficacia del messaggio;
- ✓ evitare perdite di tempo;
- ✓ evitare perdite di energie;
- ✓ evitare perdite di soldi;
- ✓ concentrarsi solo su clienti con maggiori possibilità di conversione (hanno un forte bisogno, un budget e la capacità di spenderlo).Il mio consiglio è quello di preparare un vero e proprio questionario di prequalificazione del cliente ideale che possa essere utilizzato tutte le volte che si entra in contatto con un potenziale cliente.È possibile focalizzarsi su elementi di prequalificazione qualificanti il target oppure squalificanti il non-in- target.Oltre a quella di prequalificazione, il filtro ha anche la funzione di profilazione del potenziale cliente. Nel questionario di prequalificazione/profilazione suggerisco di inserire anche domande che abbiano l’obiettivo di aiutare a meglio profilare il lead in ingresso.È necessario avere ben chiaro come usare le risposte fornite dal lead (es. data di nascita per fare offerte specifiche il giorno del compleanno, oppure la percentuale di fatturato all’estero per un’eventuale proposta di servizi dedicati all’export, o ancora la frequenza di cyber attack ai loro sistemi per proporre servizi di security etc.)
Il sistema di notifica di ingresso lead ha l’obiettivo di avvisare immediatamente quando un potenziale cliente ha superato il filtro ed è entrato nel funnel. Appena un potenziale cliente entra nel funnel è fondamentale contattarlo im- mediatamente attraverso ogni mezzo possibile (messaggio, telefonata).
La serie di step ha l’obiettivo di convertite il potenziale cliente. Gli step possono essere tanti o pochi. Per andare a effettuare specifiche azioni di marketing avanzato è impor- tante poter mappare a che step è arrivato il potenziale cliente.
Ognuno di questi step rappresenta un obiettivo di marketing. Per portare un potenziale cliente dalla fase di awareness a quella di conversione è necessario costruire un funnel di vendita che lo accompagni dall’inizio alla fine del suo per- corso. La tipica suddivisione del funnel di vendita è costituita da tre livelli:
- ✓ Top Of The Funnel (TOFU) che corrisponde al- l’Awareness;
- ✓ Middle Of The Funnel (MOFU) che corrisponde all’Interesse e Valutazione;
- ✓ Bottom Of The Funnel (BOFU) che corrisponde alla Conversione.Ogni step deve contenere link allo step successivo in modo da spingere il potenziale cliente a percorrere il funnel fino alla fine.È fondamentale essere veloci nelle risposte date e nel contattare il cliente quando ha dimostrato interesse a comprare. Non dimenticare di effettuare più tentativi di contatto per aumentare le probabilità di risposta.
Attenzione poi a non fare l’errore di dimenticare di continuare a comunicare con il cliente dopo che ha effettuato l’acquisto. Si deve invece continuare a mantenere il rapporto fornendo contenuti di informazione ed educazione, come per esempio i diversi modi di utilizzare il prodotto acquistato oppure la spiegazione di tutte le caratteristiche avanzate di un servizio. L’obiettivo è fornire valore in modo che il cliente possa trarre il massimo vantaggio dall’utilizzo di quanto acquistato.
È di fondamentale importanza mappare come i clienti sono venuti a contatto con il brand in modo da poter rafforzare i canali di ingresso principali. Per ottenere questa informazione, basta chiedergliela.
La lunghezza del funnel di vendita è variabile e dipende da diversi fattori tra i quali:
✓ la tipologia di prodotto/servizio (livello di complessità);
✓ il livello di trust;
✓ il livello di authority.
Quando si analizza il funnel di vendita, è importante valutare che sia a ROI positivo. Le vendite generate devono copri- re i costi delle diverse fasi del funnel e creare un profitto.
Facciamo l’esempio di un e-commerce. Gli investimenti in adv per generare e convertire il traffico devono generare vendite in grado di coprire i costi di adv e creare un profitto.
Solo monitorando il ROI del funnel sarà possibile stabilire se e quanto investire.
Più si va avanti negli step del funnel, più i clienti potenziali diminuiscono fase dopo fase.
Le azioni di follow up devono essere diverse in base al livello di profondità raggiunto. Il mio consiglio è di essere pazienti, di far avvicinare il potenziale cliente alla vendita poco per volta senza tentare di vendere il prima possibile. La regola è sempre la stessa: nutrire ed educare il potenziale cliente fino a quando sarà lui stesso a voler comprare da te e non dalla concorrenza.
Il sistema di notifica di uscita ha l’obiettivo di avvisare immediatamente quando un potenziale cliente ha deciso di uscire dal funnel. Quando si verifica questa situazione, è importante intervenire per evitare l’abbandono.
Spesso esiste il problema del funnel gonfio cioè caratterizzato da molti potenziali clienti che non si riescono poi a con- vertire in clienti. In casi come questo, si potrebbe intervenire per rendere il funnel più corto e più stretto attraverso quattro operazioni:
✓ miglioramento del filtro;
✓ miglioramento del sistema di notifica di ingresso;
✓ applicazione di procedure sugli step;
✓ miglioramento delle conversioni.
Quando si sono trovati clienti potenziali, è di fondamentale importanza raccogliere tutti i loro dati più importanti all’in- terno del database clienti potenziali, mappare il loro viaggio all’interno del sales funnel e calcolare la percentuale di probabile conversione di ognuno di loro.
Infine, tengo a sottolineare che il tuo compito non deve limitarsi a fare entrare il potenziale cliente target nel tuo funnel, ma che devi anche costruire alte barriere in modo da tenerlo dentro “il tuo mondo”.
IL PIANO OPERATIVO DELLA LEAD GENERATION
Dopo avere analizzato il processo di acquisto del target, i canali, i contenuti e i funnel, è indispensabile costruire un pia- no operativo per generare clienti.
Per ogni fase del processo di acquisto del target è quindi opportuno predisporre un piano strutturato in questo modo:
- ✓ obiettivi;
- ✓ contenuti;
- ✓ canali;
- ✓ call to action;
- ✓ funnel;
- ✓ kpi (es: brand recall, open rate, bounce rate, click th- rough rate, durata della visita, visualizzazioni, con- versioni, costo per acquisizione, costo per vendita, utm, visitatori unici, numero condivisioni etc.).
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